Friday, November 6, 2015

Canoa: piccola guida rigorosamente DILETTANTISTICA


È dal 2004 che uso la canoa e mi è venuta voglia di condividere qualche consiglio per chi abbia intenzione di provare i piaceri di quest’attività così bella, rilassante e relativamente economica.
Molte persone ritengono che la canoa sia pericolosa ma mi sento di poter affermare che si può affrontare tranquillamente una navigazione anche con bambini a bordo (cosa che ho fatto spesso), a patto chiaramente di aver sempre il cervello posizionato nel proprio alloggiamento, ovvero sopra le spalle, e collegato; anche ai bambini si richiede disciplina e, coinvolgendoli, spesso ci stupiscono per il loro autocontrollo. Insomma la canoa non è più pericolosa di un normale spostamento in auto, anzi forse lo è meno.
L’avvertenza per chi mi legge è che la guida è dichiaratamente dilettantistica, ovvero scritta da un dilettante che riporta la propria esperienza e quindi assolutamente criticabile, emendabile ecc.
Cosa ci si fa con una canoa?
Ovviamente ci si va in acqua, anche dove ce n'è davvero poca, e ci si fa pressoché di tutto; attenzione però che certe situazioni richiedono addestramento, allenamento, equipaggiamento …
Insomma, se è vero che con la canoa si può attraversare un mare, circumnavigare la Penisola, esplorare laghi quasi ghiacciati, buttarsi in torrenti impetuosi o dentro a cascate, è meglio chiarire che qui parlerò di attività molto più normali da farsi in stagioni più che clementi: vagare per un lago, esplorare una costa rimanendo ad una distanza breve da essa, scoprire la prospettiva del paesaggio da un tranquillo fiume di pianura.
Che equipaggiamento serve?
Per le attività tranquillamente ludiche che ci siamo appena detti, vediamo con che equipaggiamento ci si deve preparare. Sembrerà strano ma ho notato che chi pratica quest’attività non conosce il detto “in medio stat virtus”: potete vedere persone pronte ad affrontare la discesa delle cascate del Niagara e persone in costumino da bagno. Ben pochi si attrezzano con misura e prudenza.
Il primo componente, che dovrebbe essere ovvio, è il giubbino detto “aiuto al galleggiamento”: in pratica è un giubbotto salvagente profilato per non impedire i movimenti della pagaiata e mancante del cuscinetto reggi testa (e per questo non si può definire salvagente). Il giubbino è fondamentale per tutti, anche per chi sa nuotare, perché ad un eventuale capovolgimento lo shock termico (o peggio) può provocare un momentaneo disorientamento. Noi usiamo i giubbetti in vendita al Decathlon per circa 50 euro e sono ottimi e sufficienti.
L’altro componente fondamentale è un fischietto, tipo quelli da stadio: dal 2004 non l’ho mai usato, ma è l’unica speranza per farsi sentire da un natante in mano ad un distratto. Non si sa mai!
Finiti i componenti essenziali (già?? Sì) e data per scontata la pagaia, che va scelta in accordo alla canoa e alla corporatura, parliamo degli “utili”.
In canoa il sole picchia e quindi non dimenticate la crema solare e un cappello, soprattutto per chi è calvo o ha comunque il capo rasato; molto utile anche una sacca a tenuta stagna, dove tenere soldi, cellulare, chiave della macchina, magari un ricambio. Queste sacche costicchiano un po’, qualche decina di euro: conviene quindi prenderle robuste, per intenderci evitando sacche semplici trasparenti (io uso delle Ferrino che acquistai per mettere il sacco a pelo durante i viaggi in moto, per esempio).
Ancora, io uso dei guanti da lavoro in tessuto/finta pelle della GoodYear per evitare le vesciche alle mie manine da impiegato-larva: costano 15 euro nei brico center. Per imbarcarsi e sbarcare si possono usare dei saldali leggeri in estate, oppure delle scarpette in neoprene (prese a 10 euro al Lidl) se fa un po’ più fresco; utile avere a portata di mano anche un k-way e un paio di soprapantaloni impermeabili, in caso di pioggia improvvisa.
E non dimenticatevi dell’acqua da bere!! Avere sete in mezzo all’acqua è una dannazione dantesca.

Come potete vedere, l’equipaggiamento è semplice e – soprattutto – economico e scalabile: si inizia con cose da poco e poi si vede cosa e come perfezionarsi.
Ma che canoa devo scegliere?
Adesso arriviamo al bello: cosa consigliare a chi voglia iniziare? Come per ogni mezzo, dipende dal fine che si vuole perseguire. La cosa bella è che si trova del buon usato, soprattutto a fine stagione, e se si sbaglia acquisto si rivende perdendoci veramente poco. Diciamo che raramente si spendono cifre al di fuori dell’intervallo 250 – 900 euro, non poi tantissimi se si pensa che non c’è bollo, assicurazione, carburante … e c’è anche poca usura!
Dovendo classificare, sono diverse le chiavi di lettura: abbiamo le canoe rigide e quelle gonfiabili, le canadesi, i kayak e le sit-on-top (SOT), le canoe singole, doppie e triple; in più all’interno di ognuna si identificano quelle stabili o veloci o con materiali diversi … insomma a chi approccia l’argomento le idee rimangono ben confuse.
Qui è difficilissimo dare dei consigli ma tenterò di dare indicazioni di massima.
Tipologia:
Canadese vs Kayak meno maneggevole, maggiore capacità di carico, stabile ma può affondare se imbarca acqua, pagaia singola (non così semplice da usare come sembra);
Sit-On-Top vs Kayak più bagnata, più sensibile al vento, totalmente inaffondabile, più pesante, non “imprigiona” il passeggero (fattore psicologico), più lenta, non richiede modelli specialistici per il mare, carica passeggeri inattivi (bambini);
Lunghezza:
canoa lunga vs corta meno maneggevole, più veloce, più direzionale;
Larghezza:
canoa larga vs stretta più stabile meno veloce;
Peso:
canoa pesante vs leggera meno gestibile da un singolo (carico / scarico dall’auto);
Costruzione:
canoa pneumatica vs rigida facilmente trasportabile e stoccabile, richiede asciugatura accurata al rientro, normalmente galleggia meglio, normalmente più lenta, più sensibile all’abrasione, sente di più il vento, normalmente meno direzionale, non va lasciata gonfia sotto il sole.
Come avrete capito non c’è un “meglio” ma solo un miglior compromesso per ciascun utilizzatore; anche le indicazioni che ho dato sono assolutamente opinabili perché ci sono modelli che smentiscono categoricamente quanto affermato, ma in linea di massima credo si possano condividere almeno come classificazione generale.
Allora per dei neofiti totali cosa mi sentirei di consigliare? Sicuramente scandagliare internet alla ricerca di modelli, fotografie, racconti; poi scartare i modelli troppo “professionali” (avete intenzione di lasciare la scrivania per iniziare la carriera di canoista?) e quelli troppo palesemente “balneari”, cioè quei gonfiabili che sono praticamente dei canotti con la forma allungata.
Come principianti vi consiglio di partire da queste indicazioni:
Uso prevalente in mare:
Sit-On-Top (tipo BIC Bilbao, Trinidad, Kalao oppure Rotomod o RTM …) o pneumatica con un minimo di plancia (tipo Advanced Elements);

Uso da singolo, prevalente in acque interne tranquille:
Kayak stabile, con pozzetto molto largo (tipo Wilderness Systems Pamlico o Necky Rip) o pneumatica con forma appuntita (tipo Advanced Elements o Sevylor K1 o Bic Yakkair)
Uso in coppia, prevalente in acque interne tranquille:
Sit-On-Top (Bic Tobago o Rotomod o RTM …) o pneumatica (sempre tipo Advanced Elements oppure Sevylor K2, SVX200 oppure Gumotex)
Uso in famiglia con bagaglio, solo in acque interne tranquille:
Canoa canadese (anche se per uso familiare vi consiglio di ripartirvi su più natanti: la classica famiglia di quattro persone la vedo meglio su due canoe doppie che su una canadese)
Come trasporto la canoa?
Last but not least: abbiamo canoa, pagaia, giubbini, fischietto … adesso dobbiamo raggiungere il mare, il lago o il fiume.
Per le canoe pneumatiche il problema non si pone, ovviamente (ricordatevi solo ci acquistare pagaie smontabili!), mentre per le altre le scelte non sono tante.
Dato per scontato l'uso delle barre porta tutto, la canoa si mette a chiglia in su; ricordatevi di fissare bene lo scafo con cinghie, meglio se con una aggiuntiva di sicurezza da far passare attraverso l'abitacolo passando per le porte posteriori.
A queste vanno aggiunti un fissaggio all'anteriore ed uno al posteriore dell'auto: ci si procura un gancio per il traino d'emergenza dell'auto, si montano entrambi (quello aggiuntivo e quello in dotazione) e si fissano le cinghie. Attenzione a non tirare troppo e ad evitare di lasciare l'auto al sole: la plastica delle canoe potrebbe cedere e deformarsi.
In caso di trasporto di due canoe, o di una canoa e una bici (o altro) è utile acquistare dei supporti dedicati, che tengono lo scafo quasi verticale; vi consiglio fortemente di orientarvi verso il modello della Thule: costa un botto ma è fatto bene, mentre altri modelli costano comunque tanto (anche se meno) e spesso fanno pietà.
Ultimissimo: ricordatevi che se lo scafo sporge dalla sagoma posteriore dell'auto ci vuole il cartello dei carichi sporgenti.
A chi invece avesse deciso di godersi la vita in cabrio e volesse una canoa rigida ad ogni costo, cosa possiamo consigliare, allora? Beh, un gancio traino ed un rimorchio possono essere l'unica opzione; attenzione in questo caso perché la legge italiana non permette che il carico sporga dalla sagoma del rimorchio, quindi prendetene uno di dimensioni adeguate.
Ultima nota per chi utilizzasse un pick-up: le canoe non vanno mai messe "impennate", ovvero con la parte posteriore nel fondo del cassone e l'anteriore sollevato sopra la cabina! Se le sistemaste così potrebbero prendere il vento della corsa, sollevarsi e volare via. Non pensiate che bastino le cinghie, la forza dell'aria sulla superficie potrebbe davvero essere troppa.
Adesso è davvero tutto, spero di esservi stato utile e di avere stimolato la vostra curiosità. Ci vediamo in acqua!

Monday, October 26, 2015

Parliamo di veicoli ricreazionali - II

Si torna in campeggio


Mi sono sposato presto: ho avuto la fortuna di incontrare la donna della mia vita che eravamo ancora quasi adolescenti e quindi siamo stati determinati nel voler formare una famiglia non appena il lavoro ci avesse permesso di guadagnare il minimo indispensabile.

Col matrimonio arriva subito un bel bambino, sicchè le nostre prime ferie da sposati le facemmo a giugno (a fine luglio sarebbe nato Roberto) e scegliemmo di provare col campeggio, nuovamente per me e per la prima volta per mia moglie.

Affittammo un bungalow al Camping La Quercia a Lazise, sul Lago di Garda: una posizione stupenda ma una pessima scelta perchè ad Angela il bungalow proprio non piaceva.

Tornati a casa acquistammo quindi un piccolo camper, un Ford Transit del 1972 a GPL, allestito in modo spartano ma carino, in formica gialla!

L'aspetto finale non era dei più rassicuranti e ci garantiva la paletta per controlli ad ogni pattuglia delle forze dell'ordine: visto con l'occhio del cinquantenne che sono adesso posso anche capire il perchè.

Non facemmo troppo con il TOBAGO (il soprannome che gli avevamo affibbiato): vacanze primaverili in Toscana ed estive in Alvernia, Francia, ma nel complesso si trattava di un mezzo onesto ed affidabile anche se era chiaramente un mezzo di un'altra epoca; in particolare ai 90 Km/h, la velocità di crociera (e anche pressochè la massima), il vecchio 4 cilindri a V di 1500 cc , quello delle Taunus degli anni 60, si faceva sentire parecchio nell'abitacolo rivestito di comoda lamiera!

Nonostante tutto rimpiango ancora il vecchio Tobago, mi piaceva tantissimo viaggiarci ed anche andarci al lavoro; la sensazione di avere un piccolo rifugio sempre pronto dietro il sedile di guida era una cosa che tuttora mi manca.

Purtroppo un venditore stupido e miope ce lo vendette spacciandolo per un 4 posti omologati: io, giovane ed inesperto, abboccai per poi scoprire che si trattava di un 3 posti e quindi, essendoci all'orizzonte un altro pargolo, fummo costretti a venderlo smenandoci anche un bel po' di sudati risparmi. Da quel concessionario camper non comprai mai più nulla che non fosse un qualche accessorio, e comunque solo fino a quando non iniziò l'e-commerce che ha affrancato i maniaci come me da questi personaggi discutibili.

Volendo cambiare il mezzo, ci rendemmo conto che un camper per più di 3 persone sarebbe stato qualcosa di diverso da un'auto "anomala" e quindi ci orientammo verso una caravan.

La prima scelta fu una pieghevole Rapido ma anche in questo caso incontrammo un altro concessionario disonesto e alla fine non se ne fece nulla.

Approdammo invece da Gamberini di Bologna, finalmente un commerciante onesto e intelligente e comprammo quella che diventò la nostra compagna di mille avventure, una caravan Adria Prima 350, entry level costruita in modo eccellente che ci permise di passare 16 anni di viaggi stupendi.

Ma questa è un'altra storia che vale la pena raccontare nel dettaglio.

Saturday, October 24, 2015

Parliamo di veicoli ricreazionali - I

Una passione che viene da lontano


Avevo 6 anni nel 1972, quando mio padre convinse mia madre a provare la vacanza in campeggio. Comprammo una tenda a casetta Raclet in cotone, 5 posti in due camere; noi quattro dormivamo sulle brande, la quinta era dedicata ad accogliere gli abiti. Io dormivo con gli abiti. E mi piaceva un sacco! perchè avevo una camera tutta mia, però era una camera di cotone e quindi ero solo ma in caso di paure ... i miei erano a un metro da me e mi avrebbero sentito.

A Pasqua collaudammo la tenda sul Lago di Garda, sotto una pioggia torrenziale, ma le mie prime vere vacanze in campeggio furono al Lago di Ledro, Camping Al Lago (logica ferrea!) tuttora in attività e tuttora in gestione alla stessa famiglia.

Per sei anni andammo in tenda: altre due volte a Ledro, poi altre due a Fiè allo Sciliar e una volta rispettivamente a San Menaio in Gargano e a Sarzana nello spezzino.

Sono tanti i ricordi di quel periodo, come credo sia per tutte le persone rispetto a quell'età leggendaria che va da quando ti rendi conto di esistere fino almeno alle medie.

Io mi aggiravo sempre nei campeggi con grande curiosità e, solo ora, mi rendo conto della fortuna che ebbi a vivere quei fantastici anni 70 nei quali il campeggio diventò fenomeno di massa e nei quali i costruttori diedero sfoggio di una fantasia di mezzi e soluzioni che non si è mai più ripetuta. Rispetto ad allora la produzione odierna impallidisce limitandosi a riproporre sempre le stesse soluzioni, utilizzando anche materiali ben meno innovativi di quelli in uso all'epoca.

All'apparenza vi è stato un miglioramento tecnologico, ma è stato indotto dal progresso avuto in tutti gli altri settori: invece la disponibilità di meccaniche sempre più performanti sia nelle auto che nei furgoni, ha portato ad un gigantismo e a una pigrizia progettuale che lasciano davvero esterrefatti.




Tornando alla mia famiglia, l'insistenza materna ci portava nel 1978 ad acquistare una roulotte che per l'epoca era purtroppo antesignana della produzione attuale: una Dethleffs Nomad 525 che, per gli standard di allora, era un mezzo gigante e pesantissimo arredato con un gusto tedesco da baita e che potevamo permetterci di trainare perchè il babbo aveva una fantastica Volvo 144.

Quest'auto del 1973 era almeno 10 anni avanti rispetto alle motrici dell'epoca: interni in pelle, tettuccio apribile, carrozzeria pesantissima, motore benzina a iniezione (che all'epoca quasi nessuno riusciva a far funzionare correttamente, un incubo per i meccanici), cinture di sicurezza (!) segnalazione di allarme con 4 frecce e paraurti in acciaio inox e gomma. Insomma, una vera fuoriclasse.

Purtroppo dopo soli quattro anni di uso, la roulotte fu abbandonata per un bell'appartamentino in affitto e mi toccò attendere fino al mio matrimonio per ritornare alla mia passione viscerale per il campeggio.

Friday, May 16, 2008

La mia Guzzi

Ehhh ... sì! non c'è solo la Vespa nel mio garage.
Quando non ero ancora maggiorenne e viaggiavo con il Cagiva 125 SST, pensavo alle mete lontane e per il momento irraggiungibili.

Nella mia fantasia c'era spazio soprattutto per il Grande Nord: Norvegia e Nordkapp, Islanda, Irlanda e Scozia ... Per viaggi così occorreva una "vera moto". Ora so che quello che occorre veramente per viaggiare non è un super-mezzo, ma una combinazione di tempo e denaro ma, soprattutto, ci vuole una grande curiosità ed una consapevole incoscienza.

Ma allora, mi dicevo, una moto "seria" sarebbe stata necessaria.

Fu così che nella mia camera da letto apparvero alcuni depliant pubblicitari: Morini 350, Guzzi V65SP e 850 LeMans. Quest'ultima era una smargiassata assoluta, una moto mitica e irraggiungibile, ma le altre due non erano sogni troppo impossibili.
Per la Morini, oltre al pacco di soldi, era necessario attendere i 18 anni, mentre per la Guzzi di anni ce ne volevano 21 ma per un mezzo che consideravo il non plus ultra del mototurismo.

Queste le premesse.

Un bel giorno di metà 1985 mio padre arrivò a casa con la notizia che il suo collega d'ufficio aveva intenzione di vendere la sua Guzzi V35 prima serie: io avevo 19 anni e il mio splendido Cagiva mi stava stretto-stretto, non potendo percorrere le tangenziali, le autostrade e costringendomi ad una velocità di crociera di 80 Km/h.

Detto-fatto vendemmo il Cagiva, era facile perchè tutti lo volevano, e acquistammo quella Guzzi che, francamente, aveva un aspetto parecchio dimesso dovuto alla sua orrenda livrea grigia, a certi particolari della prima serie come la serie e ad un paio di borse rigide degne di un Califfone Rizzato e non di una moto. Tutte queste cose vennero gradualmente messe a posto: colore rosso, cupolino stile "SP", sella del IIa serie, via le borse e portapacchi serio.
Quel mezzo mi diede non poche grane ma comunque ci feci la mia prima ed unica vacanza in moto, insieme a mio fratello: da casa a Llanca (Spagna) e ritorno.
Poi la famiglia ecc. (vedi "La mia Vespa") e la Guzzi uscì dal garage.

Capitò poi che, parecchi anni dopo, mio fratello si invaghì ed acquistò una Guzzi V50 Monza prima serie e me la prestò per un paio di giorni. Accompagnai poi anche l'amico Alfredo ad una Giornata Mondiale Guzzi a Mandello del Lario; non ci volle altro per soffiare sulle ceneri mai spente del tutto e mi misi a cercare una moto, da spendere mooooolto poco perchè le finanze erano sì migliorate ma non poi così tanto.

Trovai dall'amico Loris una V65SP rossa del 1983, praticamente quella del poster della mia cameretta di vent'anni prima; Loris me la cedette per neanche 800 euro e mi trovai il mio mito sotto il sedere.

Certo, le condizioni sono cambiate e il progresso non si è arrestato, ma la mia moto mi dà davvero grandi emozioni e mi porta in giro ovunque per ogni tipo di percorso, evidenziando che non sono i 50 CV a limitarmi (a mio parere son fin troppi!) ma sono io a limitare la mia bella moto perchè tra i due chi cede per primo son sempre io.
Poi io sono convinto che anche gli oggetti abbiano una specie di anima, che poi è l'affetto che noi stessi riversiamo su queste cose che non sono semplici utensili, ma compagni di avventure; quando sento il suo baritonale pum-pum-pum ... mi viene un magone tale!

Wednesday, May 7, 2008

La mia Vespa

A 16 anni passai dal motorino alla 125; all'epoca le scelte erano praticamente due: o prendevi una Vespa, di solito un PX, o prendevi un Cagiva SST e diventavi immediatamente un motociclista.
Non ci pensai nemmeno su e arrivò il Cagiva, con il quale guardavo ai vespisti con un'aria di malcelata superiorità.
Poi, a 19 anni, il 125 mi stava stretto, volevo allargare i confini delle mie esplorazioni e il dover rinunciare alle autostrade, la limitazione della velocità di crociera ai 90 Km/h, insomma tutto mi portò a scegliere una moto "vera", una Moto Guzzi V35 (all'epoca si poteva andare oltre con la cilindrata solo dopo i 21 anni) prima serie, di quarta mano.
E i vespisti non li vedevo nemmeno.

Poi venne il matrimonio, la famiglia, i figli ... soldi per tenere in efficienza la moto non ce n'erano più e mi ridussi ad avviare a spinta la beneamata perchè non mi potevo permettere neppure di cambiare la batteria.
Mi trovai di fronte ad un altro bivio: rinunciare alle due ruote motorizzate o ridurre le mie pretese. Così, un po' a malincuore, scambiai la Guzzi per una Vespa PX 200 color nocciola, 2800 Km percorsi in 8 anni.
Fu amore immediato: non mi sentii per nulla male su quello strano tipo di moto, anzi mi affascinò immediatamente per la sua capacità di assecondarmi nei lunghi viaggi come negli spostamenti quotidiani.

Mi ricordo perfettamente del 26 aprile 1994: avevo appena trascorso una due giorni sulle Dolomiti in Vespa in compagnia di mio fratello con la sua BMW R80GS PD, avevamo percorso il Pordoi sotto la neve, una giornata intera di pioggia, eravamo tornati a casa entrambi sul vespone a causa di una caduta di Paolo. Il giorno successivo, il 26 appunto, ero andato a lavorare in Vespa, poi a prendere i miei due bambini alla scuola materna (uno davanti, uno dietro, rigorosamente a passo d'uomo in seconda) e mi ritrovai nuovamente nel parcheggio dell'azienda. Spento il mezzo mi fermai e mi dissi: ma con che moto avrei potuto mai fare tutto questo?
Da allora presi consapevolezza che la Vespa mi aveva totalmente conquistato.

Nel giugno del 1996, in un viaggetto in solitaria, caddi a 50 Km a sud di Siena: finimmo contro un guard-rail, sia io che la Vespa. Io ci rimisi gli incisivi, lo scooter invece si piegò a metà nella zona sottostante il bauletto. Aveva 13000 Km.
A malincuore dovetti venderla per pezzi di ricambio e mi dissi "sono finito".

Invece, grazie all'aiuto del buon babbo (non Natale, Giorgio), a febbraio dell'anno successivo acquistai un'altra Vespa PX 200 nuova fiammante, che tutt'ora uso facendo la staffetta con una Moto Guzzi V65SP, ma questa è un'altra storia.